Omelia III Avvento - B, 13 dicembre 2020 (Gv 1,6-8. 19-28)

 
Ave Maria!

 

E’ importante, ed è anche emblematico, di come il quarto Vangelo di Giovanni vuole presentarci la figura eccezionale del Battista: semplicemente “un uomo”, senza ulteriori qualifiche o precisazioni sulla sua vita e sulla sua spiritualità. Nulla ci viene detto delle sue origini o della sua condizione sociale. Eppure, è proprio Giovanni il Battista che sembra dirci che tutto questo è, per lui, secondario o comunque non essenziale. Lui non è il Messia, non è Elia, e neppure il profeta che tutti stanno attendendo. Vede sé stesso, piuttosto, (citando il profeta Isaia) come “voce di uno che grida nel deserto: rendete diritta la via del Signore”. Il Signore, dunque, lo manda come “testimone della luce”, e per la Bibbia la luce vuol dire essenzialmente la fede, - come anche Dante esprimerà, a suo tempo, con la cantica del Paradiso, l’ultima tappa della fede e dove tutto è “amore e luce”. Testimone, allora, è qualcuno che trasmette la fede. E’ questa l’identità del Battista che è, per l’appunto, un testimone della luce! Si noterà, infatti, nel Vangelo di oggi, l’insistenza dell’Evangelista sulla parola “luce”, ripetuta tre volte e in una scansione ravvicinata. Quasi un trittico luminoso per essere visto e accolto.

Noi oggi parliamo molto di testimonianza, testimonianza cristiana o altro, ma confondiamo questa parola cruciale del vocabolario biblico-cristiano semplicemente con “atti” virtuosi, come essere gentili, caritatevoli e così via. Questo linguaggio, generico (anche se aderente alla realtà), ci ha fatto smarrire la radice di questa importante parola: cosa significa essere un testimone, un testimone della luce soprattutto, un testimone come Giovanni? Nella società di massa, in cui viviamo, non contano le persone concrete, riconoscibili, ma i discorsi edificanti o meno, le chiacchiere che gettano fumo e non illuminano niente, né della vita, né di noi stessi.
Invece, il testimone è proprio come Giovanni, un riflesso di luce. Paradossalmente, è una persona che non dà troppa importanza a sé stessa. Non cerca la notorietà, non richiama nessuna attenzione sulla sua persona, non cerca di essere originale o comunicativo, non tenta di impressionare nessuno. Semplicemente, vive con la propria vita quella “luce” che gli viene da Dio, dalla fede vissuta in modo convinto. In un certo senso, è una persona che, faticosamente, certo, si è lasciata “espropriare” da Dio e quasi ha accettato di essere “spersonalizzato”, ma perché la luce di Dio, la luce della fede è, per lei, un’esperienza irrinunciabile, vitale in sommo grado. Insomma, chi è illuminato da Dio irradia questo Dio con il suo modo di vivere e di credere!

Così, il testimone della luce, come Giovanni, - il meraviglioso Giovanni della nostra fede così amato da generazioni di veri cristiani -, non parla molto, ma è piuttosto una “voce”. Vive qualcosa di inconfondibile, perché comunica soltanto ciò che lo fa vivere: non dice cose, più o meno erudite o colte su Dio, ma trasmette “qualcosa”, un messaggio che parla all’anima che sta realmente cercando la “luce” di Dio. Il testimone vero non insegna, dunque, una dottrina o una filosofia o una cultura religiosa, ma è colui che invita a credere. Non colpevolizza nessuno, non condanna e non si impone né con l’autorità delle sue competenze, né con il prestigio che il mondo dà di solito a chi non dà problemi, ma aspira all’applauso. Il mondo è molto esperto in questa fiera della vanità, dove alcuni applaudono alcuni. Anche i mediocri, gli arrampicatori, quelli che sono vuoti di anima.
Il testimone della luce, come Giovanni, infonde piuttosto fiducia, libera dalle paure, apre continuamente nuove vie all’amore verso la vita, la fede, il Dio che viene di sicuro: “rendete diritta la via del Signore”. Commuovente voce della verità di Dio che irradia luce nelle piccole o grandi tenebre del nostro cuore, quel cuore, “il guazzabuglio” indecifrabile, come lo chiamava Alessandro Manzoni nel più grande romanzo cristiano. E tutte le volte che, personalmente, penso e prego Giovanni il Battista, mi sorprendo a pensare alla sua vita nel “deserto”, a quella sua vita che finisce in un martirio terribile e quasi grottesco per la “danza” di una ragazzina e il fosco desiderio erotico di uomo di potere, per di più equivoco fino all’osso. E quante volte, Giovanni, come tutti noi, si sarà sentito debole limitato nei confronti di Dio. Quante volte avrà sperimentato che la sua fede non trovava sostegno, oppure si sarà sentito circondato da indifferenza o rifiuto. In breve, noi subito diremmo: una vita di fallimento. Ed invece, chi è illuminato dalla fede, chi porta la luce della fede, sa, contro ogni evidenza realistica, che l’ultima parola sulla nostra vita non sarà detta dagli uomini, ma da Dio. Ed è ciò che conta per il testimone!

Si dice, talvolta, che il nostro mondo, un mondo dove c’è tutto e a disposizione di tutti, stia diventando sempre più un “deserto” ( e il coronavirus sembra fare la sua parte: vietati i contatti, vietati gli incontri – certo a fin di bene, - la salute -, ma è pur sempre un’angoscia). In realtà, proprio in questo deserto, il Signore ci fa dono di quei testimoni che ci consentono di attraversarlo con fiducia e speranza. Attraverso i testimoni, infatti, riusciamo a sapere qualcosa di Dio e dell’amore che vuole raggiungerci anche nel “deserto”, qualcosa della “fonte” che può placare la nostra sete di pienezza e di felicità.
Il filosofo Nietzsche, che si definiva orgogliosamente l’Anticristo, nel suo libro che porta questo titolo, ironizzava sui cristiani, persone deboli o senza alcuna personalità realmente umana, che si gettano nella fede per darsi importanza o per avere qualche potere che non possono conquistare in altro modo. Ho sempre amato la filosofia, fin dalla mia adolescenza, ma non posso accettare questa sottilissima “menzogna” di un filosofo che ha fatto filosofia proprio per combattere la menzogna sociale e culturale. Mi dispiace, quindi, per Nietzsche, ma lui non ha mai incontrato quei testimoni di Dio che sono più numerosi di quanto si pensi, ma sono nascosti o, per meglio dire, velati. Come è velata, in un certo senso, la persona e la figura di Gesù. Giovanni, in effetti, avverte tutti: “in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo”. In verità, la vita di fede è piena di questi piccoli testimoni, come Giovanni il Battista. Sono credenti in Gesù semplici, umili, noto soltanto a quelli che sono loro vicini ( e, naturalmente, cari a Dio che li tiene nascosti nel suo cuore). Persone buone nell’intimo che vivono basandosi sulla verità e sull’amore di Dio. Sono coloro che rendono “diritta la via del Signore” e che Nietzsche non ha voluto o potuto vedere, prima di parlare della fede cristiana in quel modo e con quella arroganza.

Resta il messaggio centrale di questa terza domenica d’Avvento, dedicata ad un’attesa sempre più forte del ritorno del Signore Gesù: “In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete”. Presenza, dunque, ma ancora velata. Sta a noi scoprire Gesù, cercare di conoscerlo sempre di più, desiderare con tutto il cuore di conoscerlo veramente. Una fatale domanda, però: i cristiani di oggi conoscono Gesù? Ben pochi, si direbbe, sono interessati a conoscere, con maggiore rigore e profondità, Gesù. Si preferiscono discorsi su Gesù, montagne di parole religiose che non ci cambiano e non ci commuovono nell’intimo. Eppure, la fede cristiana è nata dall’incontro sorprendente con Gesù vissuto da un gruppo di uomini e di donne. Oggi, nei nostri tempi “oscuri”, abbiamo proprio bisogno di “testimoni” della luce di Gesù. I testimoni di Gesù, in effetti, non parlano di sé stessi. La loro parola più importante è sempre quella che fanno dire a Gesù. Perché il vero testimone non ha la “parola”, e non pretende neppure di averla. Solo Dio, attraverso Gesù, ha questa parola che salva la vita. Il testimone è soltanto questa “voce” che invita tutti a “rendere diritta” la via che li può condurre al Signore, ma svegliando dal torpore e dal sonno con quella parola che mette in cammino la fede verso Gesù, unico mediatore e salvatore: “ In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete”. Un avvertimento salutare, profondo e denso del desiderio di avvicinarci sempre di più anche al mistero dell’Eucaristia. Amen.

 


don Carmelo Mezzasalma
San Leolino, 12 dicembre 2020

    

 

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